mercoledì 8 dicembre 2021

Il peso dello zaino - Giulio Bedeschi - Ed. Mursia - Recensione a cura di Stefano Cassini


 

"Questo romanzo è la naturale integrazione e l'indispensabile complemento di Centomila gavette di ghiaccio."
Così si legge sulla quarta di copertina, a mio parere, mai frase fu più giusta.

Il racconto inizia con la "segregazione" che i reduci della ritirata di Russia furono costretti a subire, una volta oltrepassato il confine del Brennero: campi di contumacia per i sani e ospedali militari per i feriti e i congelati.
Al termine di ciò il rientro in servizio e la compagnia tredici, artiglieria alpina, della divisione Julia si ritrova, fra veci e burbe in Friuli.

Il tenente medico Italo Serri ritrova il capitano Ugo Reitani, i conducenti di mulo Pilon e Scudrera, l'attendente Covre, il tenente Dell'Alpe, e poi Zoffoli, Sorgato, i sergenti Bartolan e Fraita; coloro, cioè, che facevano parte della precedente compagnia e dovranno insegnare alle reclute il "mestiere del soldato", nel momento peggiore della seconda guerra mondiale per i militari italiani, (forse nessuno lo aveva messo in conto): la caduta di Mussolini con la conseguente modifica degli schieramenti.

"Chi combattiamo ora?" Si chiedono gli alpini della Julia. Consapevoli di doversi difendere, a quel punto, anche dagli ex alleati tedeschi oltre che dai partigiani jugoslavi del generale Tito e dagli anglo-americani.

Nel romanzo si inserisce un personaggio che all'apparenza non sembra legare con i nostri protagonisti: padre Bernhard Haring. All'epoca aiutante di sanità (il governo di Hitler non ammetteva cappellani militari) nella VI armata del generale Von Paulus a Stalingrado.

Bedeschi racconta che lo incontrò a una tavola rotonda ad Assisi e la sua storia spinse l'autore a inserirlo nel romanzo.

Di notevole importanza, secondo me, è il tema della vita del sopravvissuto; i continui ritorni al passato e ai nomi di coloro che non ci sono più è, per certi versi, un leit-motiv della narrazione in cui risalta il comportamento che l'esercito italiano tenne durante i mesi dell'indecisione.

giovedì 25 novembre 2021

Un'ottima annata - Peter Mayle - E. Garzanti - Recensione a cura di Veronica Orlandini


L’autunno ormai è arrivato, il tempo rallenta un po’ e crogiolarsi agli ultimi caldi raggi di sole, diventa un piccolo vizio, un non voler dimenticare l’estate appena finita.

Trovo che questa sia la cornice adatta per una domenica mattina all’insegna della pigrizia o per una rilassante serata feriale, magari mentre si sorseggia un buon calice di vino.

Ed è anche così che mi immagino il protagonista di questa commedia dal sapore dolce, Max Skinner (un parente del Preside Skinner de “I Simpson”?) che dopo aver perso il lavoro in banca si ritrova a passeggiare nel vecchio podere ricevuto in eredità dallo zio, nel caldo sud della Francia.

Intenzionato a vendere per non restare al verde, il nostro caro Max si ritroverà ben presto a cambiare i suoi piani; complici una cugina americana e, ovviamente, l’amore.

Ma il vero protagonista di questo romanzo, è il vino.

Giovane, fruttato, secco, frizzante, o pastoso, quasi lo possiamo sentire scorrerci in gola, mentre ci perdiamo nel suo colore rubizzo o nelle sfumature giallo paglia di un buon bianco.

Molto diverso dal film che ha ispirato, ve lo consiglio se desiderate coccolarvi prima o dopo il risveglio

giovedì 23 settembre 2021

Il conte di Montecristo - Alexandre Dumas - Ed. Feltrinelli - Recensione a cura di Stefano Cassini

 

Ci cimentiamo con un classico della letteratura mondiale.

A cavallo fra la prima repubblica e il ritorno di Napoleone Bonaparte, in esilio all'isola d'Elba, si svolge la storia di Edmond Dantes giovane e promettente capitano in seconda del bastimento Pharaon.

L'armatore Morrel intende dargli l'incarico di comandare la sua flotta e sta per prendere in sposa Mercedes. Carriera, amore e la vita in generale, grazie all'affetto del vecchio padre, stanno sorridendo al ragazzo ma l'invidia di Fernand, innamorato di Mercedes, e di Danglars, contabile del bastimento, lo fanno finire nelle segrete del castello d'If.

All'inizio Edmond spera, di uscirne da lì a poco ma, ahi lui, vi resterà per molti anni, poiché le promesse del magistrato di Marsiglia, Villefort, si riveleranno false. Essendo lui stesso corrotto e parte della cospirazione.  

L'incontro con l'abate Faria, da tutti creduto pazzo, lo farà desistere dal proposito di suicidarsi, insegnandogli un nuovo modo di approcciare la vita. Apprenderà quanto il vecchio religioso ha da trasmettergli, compreso il segreto di un tesoro nascosto nell'isola di Montecristo.

Ma come arrivarci? L'occasione è data dalla morte di Faria, a seguito della quale progetta l'evasione.

Nessuno sa più niente di Edmond Dantes che riapparirà nelle nuove vesti del Conte di Montecristo: un enigmatico nobile che ha girato il mondo e imparato le arti di diplomazia, medicina e scienza; ma tutte con un unico scopo: tornare e vendicarsi di coloro che lo hanno fatto incarcerare rendendosi colpevoli di avergli rubato quattordici anni di vita.

In molti conosciamo le versioni tele/cinematografiche di questo romanzo. Credetemi, leggerlo è ben altra cosa.

In primis, il linguaggio è pomposo (ricordiamo che Dumas lo scrisse nel 1844) ma la sorpresa è trovare moltissimi eventi che, nelle rappresentazioni che conosciamo, non vengono mai considerati e che allungano di molto "il brodo". Talvolta si ha la sensazione che, intere pagine siano superflue poi però, tutto si collega nel corso del racconto. Anche il finale mi ha stupito ma, per ovvi motivi, non posso rivelarlo.

Al di là della storia, Dumas ci fa conoscere abitudini francesi. Nello specifico, parigine, dei primi dell'800, fra nobili da generazioni e altri divenuti tali, per meriti finanziari e militari, tra citazioni latine e greche; le loro vacuità, frivolezze, uno stile di vita per cui conta solo l’ammontare della rendita a disposizione di ciascuno. Solo monsieur di Montecristo, come viene chiamato, è lì per ben altro motivo.  


lunedì 6 settembre 2021

La maledizione di Melmoth - Sarah Perry - Ed. Neri Pozza - Recensione a cura di Veronica Orlandini

 



Della Perry ho avuto modo di leggere il primo romanzo “Il Serpente dell’Essex” e, a malincuore, devo dire che non mi ha molto colpito, per più ragioni: un buon inizio, rovinato dall’incedere lento, il continuo girare attorno a una rivelazione chiara e ovvia almeno da metà romanzo, e il finale che lascia con una leggera delusione.

 Però, mi sono dovuta ricredere.

“La maledizione di Melmoth” ha un ritmo incalzante, un fascino misterioso mutuato dagli storici romanzi gotici come “Il giro di vite” a cui l’autrice si è ispirata.

Le parole rapiscono, come la storia di Melmoth la Testimone. A tratti possiamo avere il timore di trovarla alle nostre spalle, che aspetta il momento opportuno per invitarci a farle compagnia.

Perciò lasciatevi portare nelle fredde e ghiacciate strade di Praga al fianco di Helen e di un manoscritto inquietante...


sabato 19 giugno 2021

Avrò cura di te - Massimo Gramellini e Chiara Gamberale – Ed. Longanesi – Recensione a cura di Eleonora Zaffino


 

Gioconda, detta Giò, in un momento di grande sconforto, prova a chiedere aiuto al suo Angelo Custode. Gli scrive una lettera, quasi per gioco e la infila in un cassetto, pensando che sarebbe finita lì. Un episodio concluso con uno sfogo, rivolto a un’entità inesistente.

Come d’incanto però, il giorno dopo, Giò trova la risposta. “Filemone” è felice di essere stato interpellato dalla sua “Custodita” perché, si sa, gli angeli possono intervenire solo nella vita degli umani  che lo richiedono.

Dopo uno smarrimento iniziale, la nostra protagonista deciderà di crederci iniziando così un rapporto epistolare, in  cui l’ufficio postale sarà il cassetto del comodino.

Un lungo botta e risposta che la porterà a comprendere molte cose di sé, delle persone care e del mondo, fino a quando Filemone deciderà che è giunto il momento di starle accanto in altro modo.

La  scrittura è leggera ma profonda e toccante, gli autori si spartiscono il lavoro, impersonando ciascuno uno dei due protagonisti.

Ho scelto questa lettura, che già conoscevo, in un momento in cui avevo proprio bisogno di avvertire la presenza e magari “sentire” i consigli di chi, dal Chissà Dove, come dice Giò, ha il compito di aver cura di me                                                                                                                                                         

Trovo spesso recensioni che, per parlare bene di un libro, lo definiscono “un pugno nello stomaco”. Ecco io invece, tra le pagine, cerco una carezza per l’anima e qui l’ho trovata.

Un grazie sincero agli artefici di queste pagine.

giovedì 17 giugno 2021

Il ritorno della regina ( Le mie avventure con le api selvatiche) - Dave Goulson – Ed. Hoepli – Recensione a cura di Veronica Orlandini


 

Per il tramite di un gruppo di lettura su Instagram, ho conosciuto questo testo che mi ha subito incuriosita, anche perché le api, piccoli esseri ronzanti, mi hanno sempre affascinata.

Di norma le persone quando vedono un’ape o un suo simile, scappano o fanno di tutto per allontanarsene, nel timore di essere punte. Io no, perché ho capito che non è nel loro interesse pungermi,  rimettendoci vita.

Grazie a Dave Goulson, fondatore del “Bumblebee Conservation Trust”, e al suo libro ho imparato di più sui bombi, i miei insetti preferiti. Ho scoperto come cercano e creano il nido; com’è il ciclo vitale della regina e quali sono i compiti delle operaie. Ho conosciuto i fiori che le attraggono, come la lavanda.

Uno stile narrativo scorrevole, che usa termini semplici e crea subito confidenza, è un’ottima lettura se si vuole investire bene il proprio tempo libero: istruttivo e divertente.

 


mercoledì 5 maggio 2021

Ho fatto la spia - Joyce Carol Oates - Ed. la Nave di Teseo - Recensione a cura di Veronica Orlandini


 

Violet Rue Kerrigan ha 12 anni ed è la più giovane di una numerosa famiglia proletaria, di origini irlandesi, che vive a South Niagara. È la preferita del padre, un uomo duro che governa la famiglia con pugno di ferro.

Una sera i due fratelli maggiori, investono ubriachi un diciassettenne afroamericano, lo colpiscono con una mazza da baseball e lo lasciano agonizzante sul ciglio della strada.

Violet sa quello che hanno fatto, ma tutti, le intimano di tacere e quando, involontariamente, racconterà tutto al preside e alla polizia, sarà cacciata di casa perché colpevole di un peccato imperdonabile: ha tradito la sua famiglia.

Dopo l’ostracismo familiare, per Violet comincerà un lungo viaggio fatto di nostalgia, dolore, continui tentativi di fuga e molestie. Non si arrenderà mai, nel tentativo di riavvicinarsi alla sua famiglia sperando di essere perdonata, soprattutto dal padre che da bambina, l’aveva amata così tanto.

Assaporerà il gusto amaro dell’umiliazione ma scoprirà anche di avere una forza d’animo più potente di quanto avrebbe mai immaginato e che è grazie a quella forza, che è sopravvissuta.

 Ho fatto la spia è uno di quei romanzi che io definisco “a tutto tondo “, non solo per  stile e lessico usati ma soprattutto per le tematiche toccate e così ben amalgamate tra di loro:

- l’integrazione razziale vista dal classico punto di vista, gente di colore vs gente bianca, ma anche dal fatto che pure tra i bianchi, ci sono degli immigrati; ad esempio gli irlandesi,

- la differenza tra status sociali,

- la sottomissione della donna all’uomo, così chiara nei personaggi dei coniugi Kerrigan,

- l’importanza del proprio sangue, delle proprie radici che in questo libro lascia un senso di soffocamento,

- infine le tematiche della pedofilia, degli abusi sessuali e dello stalking che alimentano il disgusto verso se stessa che Violet già prova.

Un romanzo crudo, veritiero e profondo che ci obbliga a porci delle domande anche scomode ma che pretendono di essere ascoltate e ricevere risposta, mentre si viene avvolti dal vapore che sale dalle Cascate del Niagara.

Un romanzo che una volta finito, non dimenticherete facilmente.

 

martedì 30 marzo 2021

Il giardino di Elizabeth - Elizabeth von Arnim - Fazi editore - Recensione a cura di Veronica Orlandini

 







Cosa c’è di meglio che una fuga in campagna per scappare dall’opprimente vita cittadina? Ancora meglio in una proprietà di famiglia. ex convento, in Pomerania, isolato e carico di storia.

Ecco dove Elizabeth decide di vivere, passando le sue giornate nel grande giardino che, a volte, al lettore può sembrare come un pezzo di Paradiso rubato, con la compagnia delle innumerevoli letture, i bisticci col giardiniere e le bambine di aprile, maggio e giugno, con qualche interruzione dell’Uomo della collera e mentre le stagioni si susseguono, Elizabeth ritrova sé stessa, i suoi spazi, i suoi ricordi e la sua libertà. 

Ho scoperto Elizabeth nel romanzo già recensito “Un’estate in montagna” e mi ero lasciata cullare dal suo tono morbido, lento e caldo che ho ritrovato tra queste pagine. Ulteriore chicca sono le descrizioni del giardino, un mondo nel mondo, pieno di profumi raccontati così bene che sembra davvero di poterli sentire, così come possiamo avere la sensazione di ascoltare le gocce di pioggia sui vetri delle grandi finestre o il vento nella brughiera poco distante. 

Per iniziare al meglio la primavera, lasciatevi trasportare tra le pagine di questo romanzo molto autobiografico.




lunedì 15 marzo 2021

Veronica Orlandini intervista Stefania Meneghella

 



Giovane autrice, dopo una fase iniziale in cui si è dedicata prevalentemente ai racconti, è passata a scrivere romanzi. La sua ultima pubblicazione è “Magnete” (Ego Valeo Edizioni). Conosciamola insieme.

Buongiorno Stefania, è un piacere fare la tua conoscenza per noi di “Se son Prose fioriranno”. So che sei una divoratrice di parole, che cosa ti ha avvicinato così tanto al mondo della parola scritta?

Ciao a tutti, e grazie per avermi ospitato nel vostro spazio. Non ricordo il momento preciso in cui ho capito di amare le parole. Loro sono nella mia vita da sempre e, tante volte, sono riuscite a salvarmi. La scrittura è parte di me e non potrei affatto farne a meno. Ho iniziato prima di tutto leggendo molto, e divorando libri di letteratura classica (che per me sono stati fonte di ispirazione). Poi, quando mi sono sentita pronta a costruire uno stile narrativo tutto mio, ho iniziato a scrivere. E da allora non mi sono più fermata.

Qual è la tua formazione letteraria, c’è una corrente a cui ti senti più affine o un autore a cui ti ispiri per scrivere i tuoi libri?

Il mio idolo letterario è Virginia Woolf, autrice inglese nata a cavallo tra l’800 e il ‘900. Lei e il suo “flusso di coscienza” mi hanno aiutato molto nella mia formazione artistica e nella struttura di uno stile narrativo mio personale.  Amo tutto ciò che è surreale, dunque tutti gli autori che preferiscono descrivere il flusso dei pensieri e dei sentimenti, anziché le dettagliate descrizioni di fatti ed eventi.

Hai iniziato con lo scrivere racconti. Ora sei passata ai romanzi. Come ti sei rapportata a queste due forme letterarie? Ne preferisci una in particolare?

Se dovessi scegliere tra i due, direi senz’altro che preferisco i romanzi. È sempre stato il mio sogno scriverli e, anche dopo averlo realizzato, ho sempre continuato a sognare di scrivere più romanzi possibile. Ho scritto inizialmente racconti, proprio perché non mi sentivo ancora pronta per un’avventura lunga e complessa come quella di un romanzo. In questo modo, ho dunque posto le basi per la stesura e ho perfezionato la tecnica. I racconti mi sono stati utilissimi in questa fase, ma adesso preferisco scrivere romanzi.

“Silenzi Messaggeri” e “Magnete” trattano due temi importanti, il silenzio e l’analisi dell’interiorità. Come mai hai scelto questi due temi, c’è stato qualche evento che ti ha fortemente influenzato? Parlacene un po’.

“Silenzi Messaggeri” tratta il tema del silenzio, che è un valore fondamentale in questo mondo fatto spesso di chiasso. Il silenzio ci avvicina alle cose pure, alla bellezza, alla semplicità della vita e ci fa comprendere che il vero mondo è quello interiore.

“Magnete” invece tratta appunto del nostro cervello, ma anche quello altrui. Con questo romanzo, ho voluto far comprendere l’importante tema del non giudizio e del perdono. Ossia, il riuscire a entrare nel cervello di chi ci ha fatto del male per cercare di comprendere il suo vissuto, le sue storie, il suo passato spesso non svelato.

Non ci sono stati eventi particolari da cui ho preso ispirazione ma, semplicemente, sono due aspetti che sono dentro di me da sempre ed in cui credo fortemente. La scrittura serve proprio a questo: a far comprendere agli altri valori che, oralmente, sarebbe troppo complicato spiegare. 

Hai dei nuovi progetti, qualche idea pronta da “sfornare”?  Rimarrai sul romanzo, sui racconti o entrambi?

Per il momento, mi sto concentrando sulla promozione del mio libro. Dato che non è possibile organizzare eventi fisici a causa dell’emergenza sanitaria, sto utilizzando molto i canali social e la rete in generale. Non nascondo però che ho già in mente un’altra storia da raccontare ma, per il momento, è solo una bozza. Senz’altro, continuerò a scrivere romanzi. Non posso farne a meno!

 Grazie per l’intervista


lunedì 15 febbraio 2021

Il pittore fulminato - César Aira - Fazi Editore - Recensione a cura di Veronica Orlandini

 



Avventura e Arte si fondono benissimo in questo breve romanzo.

I paesaggi mozzafiato del Sudamerica dell’800, si mescolano con le impressioni e i sentimenti umani dei due pittori tedeschi, tanto diversi tra loro eppure così uniti: Johann Moritz Rugendas e il fidato amico Krause.

Entrambi si ritrovano ad affrontare un mondo che è molto bello ma anche pericoloso, con da una parte la ferocia primitiva e le scorribande imprevedibili dei selvaggi indios che Rugendas non vede l’ora di immortalare e dall’altra un tempo atmosferico mutevole e bizzarro. 

E sarà proprio quest’ultimo a cambiare non solo il loro viaggio ma anche le sorti delle loro vite e della loro amicizia.

Come?

Beh… lasciando Rugendas e il suo cavallo letteralmente fulminati.

Una lettura per chi ha poco tempo e voglia di mettersi in pausa, consigliato sopratutto a chi ha bisogno di una ricarica e ha finito i pocket coffee.



100 storie un Giro - Ennio Doris con Pier Augusto Stagi - Ed. Mondadori - Recensione a cura di Stefano Cassini

 


Ennio Doris (fondatore e presidente di Mediolanum) e Pier Augusto Stagi (giornalista, tra gli altri, di Radio 24 e "Il giornale") si incontrano per discutere della loro comune passione: il ciclismo.

In questo libro uniscono i loro "archivi" per raccontarci le tappe, a loro modo di vedere, più belle e importanti del Giro d'Italia, dalla sua nascita ai giorni nostri.

Ne nasce, innanzitutto, una bella chiacchierata fra due amici, appassionati di questo sport, dove il confronto fra i punti di vista diventa occasione per raccontare aneddoti sui vari campioni delle due ruote.

Ogni racconto, ben trentuno dal 1896 al 2016, è uno spaccato di storia del nostro Paese; possiamo, perciò, rivedere non solo quella determinata edizione della "Corsa rosa" ma anche l'Italia di quel periodo.

Ovviamente sono presenti tutti i grandi del ciclismo: da Girardengo, Binda e Guerra; Bartali, Coppi e Magni; Merckx, Gimondi e Motta; Moser, Saronni, Hinault; fino ai campioni moderni. Ma tanti sono i nomi, sconosciuti ai più, che vengono citati in questo libro.

Piccolo appunto: lo stile espositivo usato non mi è piaciuto. Spesso mi sono trovato a interrompere la lettura perché, in assenza di virgolette, non sapevo chi dei due stesse parlando. Solo la mia passione per questo sport (va detto che sono praticante da oltre quarant'anni, perciò alcuni di quegli episodi li conoscevo), e l'interesse per gli aneddoti delle varie epoche, mi ha invogliato a far scorrere le pagine.

Comunque un libro interessante per gli appassionati perché ci parla delle corse ciclistiche, non tanto dal punto di vista del risultato ma con l’intento di far conoscere in che modo ci si arriva e cosa avviene durante una gara.