Recensioni

“ABRAHAM LINCOLN. Un dramma americano” – Tiziano Bonazzi - Editore Il mulino - Recensione a cura di Stefano Cassini 



Questo libro. di stampo prettamente giornalistico, ci conduce nell'America post rivoluzione.
L'autore, per farci comprendere in quale contesto si sviluppa la figura di uno dei padri degli Stati Uniti, inizia col guidarci attraverso il periodo che va dalla liberazione dal dominio inglese alla nascita del futuro presidente.
Consente di capire quali fossero, fin da allora, le differenze tra stati del nord, già proiettati verso l'industrializzazione e quelli del sud, dove l'agricoltura conservava un ruolo preminente nell'economia.
Interessante, a mio parere, il modo in cui viene trattata la questione della schiavitù: Bonazzi ci fa intuire che, anche per un uomo illuminato come Lincoln, vi erano differenze tra bianchi e neri, perciò, fermo restando che nessun uomo poteva schiavizzarne un altro, non era considerata possibile una parità tout court.
Le angosce, i drammi, le sconfitte del candidato Lincoln fanno il pari con i successi, come avvocato e uomo politico, che hanno contraddistinto la sua vita.
Un testo, certo non veloce da leggere, che aiuta a farci conoscere una nazione, tanto diversa dalla nostra, attraverso il racconto di una particolare epoca della sua storia.


"Fino a quando la mia stella brillerà" - Liliana Segre con Daniela Palumbo 
Editore Pickwick
Recensione a cura di Eleonora Zaffino




Liliana Segre racconta la sua storia, quanto ha vissuto prima, durante e dopo il lager.
Questa non è certo la mia prima recensione ma stavolta mi risulta difficile commentare la scrittura in sé. Mi limito a dire che è semplice, diretta, chiara e scorrevole.
Voglio qui raccontare che cosa mi ha colpito di questa lettura. Sarà capitato anche a voi un libro scritto da qualcuno di cui conoscete la voce. Quando questo accade a me, mentre leggo, ho la sensazione di sentire l’autore che racconta. Questo è un primo dato significativo perché si crea un contesto di partecipazione emotiva importante.
Nella prima parte del libro c’è un elemento che ho trovato di particolare interesse. La piccola Liliana nasce in una famiglia agiata e la sua infanzia è vissuta in un contesto privilegiato per l’epoca. Le esperienze che racconta però sono spesso tipiche della vita di gran parte dei bambini dei giorni nostri. Il che porta con facilità a pensare: “ma se fosse successo a me…”
È spaventosa l’idea che, per la sola colpa di esser nati, si possa essere trattati, per decisione di qualcuno, da esseri sub umani, animali.
È questo che avviene a causa delle leggi razziali: una progressiva privazione di qualsiasi diritto, nell’indifferenza dei più, fino al totale abbrutimento, alla perdita di ogni dignità.
Solo i più forti sono sopravvissuti all’indicibile. Portando però nell’anima un marchio ben più profondo e doloroso di un tatuaggio fatto per affermare che erano solo un numero.
Quanto può essere grande l’anima di una ragazza di quattordici anni che, avendo la possibilità di uccidere il suo aguzzino, decide di non farlo e di affermare così la propria umanità, che un regime delirante ha tentato di annientare.
Quanto sono patetici coloro che oggi augurano la morte a una donna che è sopravvissuta alla totale privazione di qualunque cosa fuor che la vita stessa. Loro che probabilmente avrebbero una crisi di nervi se restassero solo mezz’ora senza la connessione a internet.
Ci sono libri che vanno letti, anche se fa male. Perché ciò che è stato può ancora accadere.
Sono profondamente grata a Liliana Segre perché mi ricorda ogni giorno che lo spirito dell’essere umano può essere più forte della brutalità dei suoi simili.





"Nero a Milano" – Romano De Marco
Editore Piemme
Recensione a cura di Adriana Rezzonico

Faccio appello a tutto il mio autocontrollo, non è semplice, ogni singolo muscolo del mio corpo vibra ed è teso come una corda di violino. Ogni respiro è soppesato, sento il mio cuore accelerare: scalpita senza inibizioni. come un cavallo imbizzarrito.
Sono terrorizzata, fin dalle prime pagine, sin dal prologo il nuovo romanzo di Romano De Marco mi scaglia come uno spettatore in un esperimento di laboratorio (cita lo stesso). E io non posso esimermi, è richiesta subito la mia attenzione e la mia proverbiale capacità di cogliere indizi, da lettrice accanita di thriller quale io sono.

La figura silenziosa appoggia la lampada sul pavimento, afferra la tanica e la apre. Sparge il contenuto e attende. Il fumo ricopre Milano che diventa più nero che mai.

In una città sempre più moderna, in perenne evoluzione, dove convivono in perfetta armonia basiliche antiche e immensi grattacieli che si stagliano fieri nel cielo, l’autore ci consegna una nuova trama potente. Ci costringe a specchiarci in enormi vetrate e a riflettere, nonostante i ritmi serrati di questa città, ormai crocevia di molte genti.

Il tema della “normalità” viene affrontato in maniera feroce: chi sono i “normali”, chi si arroga il diritto di sputare sentenze e chi possiede l’arma per arginare altre persone?

Marco Tanzi, il protagonista, è un cinquantenne. Investigatore privato di successo che possiede tuttavia un fardello non facile da gestire. La sua età lo porta a mettere tutto in discussione, anche il nostro stile di vita la “cosiddetta vita moderna”: una belva che fagocita tutto senza assaporare niente, sbrana senza tregua la vittima prescelta e non risparmia nessuno, tesa in un vero gioco al massacro. Il mondo dei clochard viene sezionato e affrontato lucidamente, quelle ombre che di giorno intralciano i nostri passi frettolosi e sporcano i marmi pregiati di alcune arterie principali. Le stesse presenze che sono invisibili agli sguardi di chi si sente “arrivato” e vive in quartieri lussuosi.

L’autore è abile, traccia una sorta di confine, una barricata che divide questi professionisti da chi ha scelto una vita ai margini, vivendo di stenti con pochi oggetti relegati in fondo a una busta di plastica.

La vera protagonista è la solitudine nei suoi mille volti. Sempre più spesso non siamo in grado di individuarla negli altri e, peggio ancora, non amiamo indossarla noi stessi. È un abito che non ci dona. Anche in una città densamente popolata la si può incontrare e Davide Prandi, figlio di una famiglia benestante, ce lo insegna, scappando di casa.

Una trama rivolta a chi cerca la propria rotta in mezzo a una società priva di valori. A chi si ostina, con infinita caparbietà, a preservare un angolo di bellezza e innocenza, quasi fanciullesca nonostante tutto.

E a chi scavalca convinzioni e certezze preconfezionate per poter essere se stesso e credere nella vita, nonostante le numerose paure che ci assillano.

Fate attenzione al buio, Milano vi aspetta!


1 commento:

  1. Con una recensione così appassionata come si fa a non correre in libreria !!!

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