venerdì 26 giugno 2020

Il racconto dell'Ancella - Margaret Atwood - Ed. Ponte delle Grazie - Recensione a cura di Veronica Orlandini



L’incontro con questo libro si è fatto attendere parecchio, non sapevo come affrontarlo. Avevo sbirciato la trama quindi sapevo di che genere si trattava ma comunque non riuscivo a decidermi. Quando finalmente è avvenuto, un po’ mi è dispiaciuto di avere tentennato.

La scrittura dell’Atwood è armoniosa, lenta ma più pensierosa che noiosa e un po’ mi ricorda lo stile dello scrittore Cormac McCarthy nel libro “La strada”.
Riflette perfettamente lo stato d’animo della protagonista del romanzo, Difred, l’ancella citata nel titolo che è intrappolata in una vita che non sente sua e dove non ha voce in capitolo.

Gli Stati Uniti sono diventati uno stato totalitario e d’impronta teologica, in un mondo distrutto dalle radiazioni atomiche, in cui il controllo del corpo della donna è diventato maniacale ed è proprio a causa delle radiazioni che solo le Ancelle, sempre vestite di rosso e col volto coperto da un copricapo con alette bianche, hanno ancora la capacità di procreare creature sane e per questo motivo sono prigioniere con l’onore di portare avanti la specie.

Interiore, riflessivo, tanto crudele quanto dolce, “Il Racconto dell’Ancella” è un libro adatto a chi ama il genere distopico o vuole conoscerlo, a chi vuole emozionarsi e fermarsi a pensare.

lunedì 8 giugno 2020

Stefano Cassini intervista Veronica Orlandini


Buongiorno a tutti voi lettori di “Se son Prose fioriranno”. Per chi non mi conoscesse, sono Veronica Orlandini e sono una scrittrice...o cosi mi chiama la gente. Dico questo perché non voglio avere la presunzione di darmi appellativi che magari non mi appartengono amando sì scrivere, ma non essendo certo al livello di una Elizabeth Brown!

Oggigiorno meglio pesare bene le parole, specie se ci si lavora.


Quando ha iniziato a scrivere?



Volendo essere precisi, i miei primi scritti risalgono al cosiddetto “Diario dei segreti” ora diventato “Diario di viaggio” ma per quando riguarda la narrativa in sé, direi al tempo delle elementari, quando per la prima volta infilai un foglio vergine nella macchina da scrivere di mia madre e ci trasportai con l’inchiostro le storie che mi creavo in testa. Ho “buttato” davvero tanti fogli prima di arrivare alla prima pubblicazione!




Nelle sue letture c'è posto anche per generi diversi dal suo?



Assolutamente si! Anzi ritengo che un ampio spettro diversificato di letture sia forse la migliore base da cui partire se si vuole scrivere. Crearsi una cultura letteraria varia, aiuta a migliorare e ampliare il proprio lessico e la capacità di espressione oltre a capire meglio i propri gusti. Ecco perché nella mia libreria convivono pacificamente thriller, classici, di narrativa e saggistica.



Ci sono altre passioni?



Certo: l’equitazione, le arti marziali e l’aikido, i viaggi le passeggiate in montagna. Mi ritengo una persona curiosa, a cui piace provare.



Pensa che il COVID-19 modificherà la relazione autore-lettore?



Questa è una bella domanda...al momento ritengo che è ancora presto per vedere quali saranno le ripercussioni sul mondo della letteratura anche se già ne abbiamo un esempio: a causa della quarantena non era possibile, almeno fino a poche settimane fa, frequentare librerie e biblioteche e ovviamente la gente si affidava agli ebook o ai cartacei via corriere. Forse questo spingerà ancora di più il mercato verso questo tipo di diffusione culturale. Per quanto riguarda i generi, no, non vedo grossi mutamenti. A livello fisico? forse all’inizio qualche titubanza ad andare alle presentazioni dal vivo o a stringere la mano del nostro scrittore preferito ma potrebbe ridursi a un breve lasso temporale. Quello che possiamo fare ora è aspettare e vedere, tenendoci pronti ad adattarci.



Perché ha scritto due libri diversi tra loro?



Innanzitutto perché io non sono una: non esiste solo “una” Veronica Orlandini e ho opinioni su tante cose diverse tra loro. Poi, perché forse non ho ancora capito quale sia il mio genere come autrice o  perché non voglio averne uno solo. Ammetto che “La Senzatempo” è stato un po’ richiesto da chi mi conosce e da chi ha letto gli altri miei libri, ad esempio “Da Diversa prospettiva”...io l’avevo in testa già da un po’, quindi ho accettato la sfida. Direi che non mi è andata male.

Scriverò altri libri diversi tra loro? Credo proprio di si.


Vi ringrazio per questa intervista e grazie a coloro che la leggeranno.

mercoledì 3 giugno 2020

La trasparenza del camaleonte – Anita Pulvirenti - Edizioni DeA Planeta – Recensione a cura di Eleonora Zaffino

L’autrice in questa opera prima, di grande successo, affronta il tema della normalità. Sentire di non rientrare nei canoni di ciò che viene, di solito, definito come “normale”. Provare a conformarsi, per quanto possibile alle attese del mondo per essere accettati dagli altri e poter vivere, relativamente, in pace.
Questa esperienza, in modo più o meno marcata è vissuta da ciascuno di noi, in modi diversi, con maggiori o minori difficoltà.
Anita Pulvirenti ha scelto di raccontarci la storia di una donna con la Sindrome di Asperger,  una condizione che rientra nello spettro dell’autismo ma con manifestazioni più lievi.
Carminia, la nostra protagonista trascorre i primi quarant’anni della sua esistenza provando a far convivere il suo modo di essere,  con quanto richiesto dai canoni di comportamento sociali. Non sa della sua particolare “condizione” e quindi cerca di fingersi per quanto le è possibile un po’ più simile a quello che ci aspetta da una persona comune.
Deve tenere molti comportamenti che per lei sono innaturali. Gli Asperger non sono empatici né riescono a cogliere le battute ironiche o i doppi sensi. Sono molto intelligenti e lei trova una soluzione, per quanto parziale. Va a scuola di recitazione e impara a sembrare come gli altri, per quanto può. Si mimetizza come un camaleonte.
Soffre perché, anche per chi manca di empatia, il bisogno di accettazione è una costante nell’esistenza umana.
Un giorno incontra una psicologa che coglie nel segno, facendo la giusta diagnosi. A quel punto Carminia capisce che non è poi così sola. Ci sono tante persone con caratteristiche simili alle sue e questa meravigliosa scoperta le dà due nuove certezze. La prima è che lei non è malata. Una sindrome è uno stato di fatto, qualcosa che non può passare. L’altra è che ognuno di noi ha la propria normalità e avere l’Asperger è la sua.
La precisa costruzione del personaggio di Carminia, ci dice che l’autrice ha approfondito la conoscenza della Sindrome di Asperger. La scrittura, scorrevole e diretta, sa mantenere alta l’attenzione del lettore.
Io però non ho visto in Carminia una donna che ha la Sindrome di Asperger. In lei ci siamo tutti noi. La sua crescita e il suo cammino verso la coscienza e l’accettazione di se è patrimonio di chiunque vorrà farne un momento di riflessione ma anche un punto di partenza verso un modo più sereno di guardare noi stessi e il mondo.
I libri che preferisco sono quelli che raccontando una storia offrono occasioni per riflettere su cose che abbiamo sempre sotto gli occhi ma che spesso non vediamo. Questo è uno di quei libri.