venerdì 24 aprile 2020

La logica della lampara - Cristina Cassar Scalia - Ed. Einaudi - Recensione a cura di Adriana Rezzonico








L’autrice, conza una perfetta tavola etnea, in armonia con il territorio. Una cuoca impeccabile che ricerca la qualità nelle farine di produzione locale per il pane e le parole accurate per questo romanzo prettamente siciliano.
La Riviera dei Ciclopi sfoggia tutta la sua bellezza: Catania. Aci Trezza, Aci Castello, ne sono le più rinomate località.
Muretti di pietra lavica, stabilimenti balneari costruiti su palafitte innalzate tra scogli e cespugli rigogliosi, un vero trionfo di colori.
Tonalità che ritroviamo nei personaggi, perfette pedine che si muovono leggiadre in questa trama dall’ottimo impianto narrativo.
La penna di Cristina Cassar Scalia, tesse il racconto di un’indagine che sin dalle prime battute si rivela ostica.
Il Dottor Manfredi  Monterreale e Sante Tammaro, giornalista di un quotidiano locale, scorgono una sagoma che trascina una valigia in mare. Poco dopo viene denunciata la scomparsa di una donna.
Giovanna Guarrasi,”Vanina”, deve districare la situazione che appare impervia, aggrovigliata, come un banco di pesci impigliati in una nassa. Troppe persone sembrano ruotare intorno a una faccenda oscura, quasi come la sabbia lavica che si deposita ovunque e che sminuisce qualsiasi particolare.
Ho amato nell’immediato la protagonista, sono entrata in simbiosi con lei che si è rivelata abile, arguta, con spiccate doti d’ironia.
Punto di forza anche la sua grande tenacia, è capace di rendere coesa la sua squadra, pur rivelando piccole dosi di mascolinità, mantiene quell’aria scanzonata nonostante le numerose ferite ancora aperte. Saranno proprio quelle fitte dolorose a farla vacillare più spesso di quanto lei stessa vorrebbe.

venerdì 17 aprile 2020

Se questo è un uomo - Primo Levi - Ed. Einaudi - Recensione a cura di Stefano Cassini


Questa volta la "quota azzurra" si confronta con un "classicone" della letteratura italiana.
È difficile, in effetti, trovare parole nuove, dire qualcosa che non sia stato già detto, su questo libro, ma rileggendolo ora (la prima volta fu nel 1978, in terza media), e avendo avuto modo di vedere l'autore in diversi programmi televisivi, si possono scoprire altre sfumature, analogie con il presente e, perché no, nuove domande da porsi sul motivo per cui certi fatti sono potuti accadere e che certe convinzioni, così a lungo considerate verità, porrebbero essere da rivedere.
Ma veniamo al romanzo.
Primo Levi arrestato e deportato, in quanto ebreo, prima a Fossoli e poi, nell'inverno 1944, ad Auschwitz, ci narra in modo neutro, verrebbe da dire asettico, l'ultimo anno di vita del più famoso dei campi di concentramento nazisti. La sopravvivenza è, ovviamente, il leit-motiv della narrazione di Levi; sopravvivere ai soprusi dei carcerieri, principalmente, ma anche nei rapporti con gli internati più anziani e con i lavoratori civili. Persino le donne ucraine che, essendo le "favorite" dai gerarchi nazisti, sfruttano la loro posizione per deridere i lavoratori ebrei magri, rasati a zero, malvestiti e malnutriti.
Diciotto capitoli che sono viaggi dentro il recinto di filo spinato ma anche nella psiche umana, messa a dura prova dal lager e che mi hanno fatto nascere un dubbio: il titolo è dedicato alle vittime (e quindi alla loro neutralizzazione come esseri pensanti) o ai carnefici (perciò non degni di essere chiamati uomini)?
Considerazione finale: io ho una copia della ristampa del 2014 dove ci sono, riassunte, alcune domande che vennero fatte a Levi durante i suoi incontri con gli studenti e una postfazione di Cesare Segre ricca di spunti interessanti per capirne un po' di più su Levi e il periodo storico nel quale ha vissuto. Davvero una bella edizione.

mercoledì 8 aprile 2020

Dark web - Sara Magnoli - Ed. Pelledoca - Recensione a cura di Adriana Rezzonico




...Non me ne frega niente di niente, non me ne frega più niente.
Tra poco io MUOIO
L’ho deciso io. Non sono malata

Sara Magnoli torna in libreria con un thriller per ragazzi, dedicato agli young adult, quella fascia di ragazzi ritenuti nativi digitali.
Si avvicina ai problemi concreti della rete. I più subdoli, tra i frequentatori del web, attirano menti facilmente plasmabili.
Nell’era del marketing compulsivo – dove la guerra si vince a colpi di follower – le vittime prescelte vengono fatte precipitare in un girone infernale.
Menti fragili, spesso ammaliate dal fascino del proibito e poco abili nel riconoscere l’Orco. Come nelle classica fiaba di Andersen, c’è un uomo, che le pedina, le attende nella piazza, seppur virtuale, e le fa sprofondare in un incubo.
Con quelle piattaforme comuni, di facile accesso a tutti e in ogni luogo, l’orco ha molta dimestichezza, si nutre di crudeltà ed è malvagio, non teme nulla e tesse la tela con metodo, quasi come un ragno che elabora la sua opera d’arte.
Barbablù abbatte tutti gli steccati e avvicina le prede, basta inviare una richiesta d’amicizia.
Un gioco paziente, meticoloso che lo porta a condurre tutti nella sua caverna degli orrori. Vesna (il suo nickname), la protagonista adora le fiabe, cerca consensi, like e una carriera nella moda. Per sentirsi appagata, in quella sorta di delirio collettivo che appartiene alla sua età. Le basteranno pochi tab, un browser e qualche click.
Un thriller attuale, una favola moderna che esalta i lati oscuri della rete, la fragilità delle vittime e la scarsa attenzione del mondo circostante, dannatamente complice di questa pazzia. Una piaga sociale, poco nota, che varrebbe la pena approfondire anche con gli inquirenti, stimolando  l’opinione pubblica. Giovanni Boccaccio sarà il cavaliere moderno, l’eroe che riporterà tutti in salvo e farà scoprire a Vesna la sincera amicizia.