domenica 31 maggio 2020

Eleonora Zaffino intervista Diego Galdino







Cari amici lettori, oggi ho l’occasione di fare due chiacchiere con Diego Galdino, autore del romanzo “Una storia straordinaria”, pubblicato da Leggereeditore.

  
Buongiorno  Diego,

-  A febbraio è uscito il tuo ultimo romanzo “Una storia straordinaria”. Quanto ha influito il tuo amore per il cinema nella creazione di questa storia?

Il cinema è una parte inscindibile della mia vita, come l'arte, la lettura e fare i caffè. Credo che anche “Una storia straordinaria”, come tutti gli altri miei romanzi che ho scritto, risenta molto della mia passione per il cinema. Infatti la mia soddisfazione più grande da scrittore è l'aver firmato un contratto con  un importante produttore televisivo e cinematografico straniero intenzionato a fare un film tratto dal mio primo romanzo Il primo caffè del mattino. 

-  Il bar è un osservatorio privilegiato sui comportamenti umani. Quanto è utile per uno
     scrittore?

In realtà ho iniziato a scrivere anche per evadere dal mio contesto quotidiano, ma poi una specie di nemesi storica ha fatto sì che il successo nazionale e internazionale arrivasse grazie al mio romanzo dedicato al caffè e alla vita di un barista romano.  La verità è che mi sento molto più gratificato  quando posso creare le mie storie aiutandomi solo con la fantasia. Non mi piace vincere facile.

-  Hai dichiarato di aver molto amato il film “La casa sul lago del tempo”. Il libro preferito dalla  protagonista è “Persuasione” di Jane Austen, qual è il tuo?

Il mio libro del cuore è lo stesso della protagonista del mio ultimo romanzo. Se dovesse scoppiare un incendio dentro casa la prima cosa che porterei in salvo, dopo le persone care, sarebbe la mia copia di fine ottocento di Persuasione.

- Una curiosità tecnica: quando inizi a mettere su carta la prima stesura di uno dei tuoi lavori lo fai a penna o usi, da subito, il pc?

Ho una grafia pessima tanto che a volte fatico a capire ciò che ho scritto. Per questo benedico i computer perché credo che se fossi stato costretto a scrivere i miei libri a penna non li avrebbe letti nessuno, forse nemmeno io.

- Cos’è per te il destino?

Il destino è qualcosa che abbiamo già disegnato sulla nostra pelle. Possiamo provare a cambiarlo, ma spesso non è così semplice andargli contro. Il mio pensiero è che nulla capiti per caso.

Ora ti rivelo un segreto: “La casa sul lago del tempo”, anche per me è un film davvero speciale.

La casa sul lago del tempo è il remake di un film coreano dal titolo Il Mare e secondo me è ancora più bello e poetico del film americano. Se non l'hai visto te lo consiglio.

Grazie del tempo che hai voluto dedicarci ma anche e dei consigli cinematografici che seguirò di certo.


giovedì 14 maggio 2020

Le affacciate - Caterina Perali - Neo Edizioni - Recensione a cura di Adriana Rezzonico





...Da ore fisso le travi sul soffitto seguendo le venature del legno:dall’alto in basso, da sinistra a destra. Sono le 8.30 di un lunedì qualsiasi e nonostante tutto mi sento bene. Sono pervasa da una strana sensazione, ho contato 53 chiodi nelle travi del soffitto e sono serena.
L’Amministratore Delegato della Salich Entertainment, Mario mi ha escluso dalla squadra per cui lavoravo:licenziata! Ero un costo troppo oneroso, io Nina, mi consideravo indispensabile e preziosa. Per diversi anni, ho indossato le mie innumerevoli certezze, quelle che Milano offre a tutti.
 “ Le affacciate” è un romanzo attuale collocato nella città che conosco, una metropoli frenetica che dona e strappa senza indugi. Caterina Perali, l’autrice, ci conduce nel mondo di Nina, in una delle tante vite da donna in carriera. Riflette sulle case di ringhiera, un vero cammeo, quasi dimenticato e l’attuale vita logorante.
C’è Balzebù, che regola la giornata, determina e scandisce i tempi di una routine consolidata da tempo. Ci sono i social network, una presenza assidua che occupa uno spazio ben definito.
Nina si specchia non solo nei nuovi quartieri meneghini composti da vetro – ma anche con il mondo circostante. Il suo pensiero è ormai irrimediabilmente compromesso, l’aspetta la voragine del fallimento e quel tunnel profondo.
La scrittura scorre fluida, scevra di quelle parole di stampo anglosassone, che ormai determinano lo status meneghino Tra i sospiri e le menzogne, la protagonista cambia la sua visione, si accorge che la vita prosegue inesorabilmente. Il suo fluire: è qualcosa di tangibile e lo si nota ovunque.
L’unica nota stonata è la sua presenza che si ostina a non seguire il ritmo. Scegliere con cura i biscotti diventa un’esperienza sublime, seppur insolita. Nina, si “affaccia” a questa nuova dimensione e scoprirà lo scandire del tempo, il gusto dei piccoli gesti e l’assaporare la vita a piccoli morsi. L’arrivo di Svetlana, un ingrediente prezioso, darà il giusto sapore a questa ricetta dall’aroma delicato. Si consiglia la lettura a tutti i nostri lettori e a tutte quelle donne che si rispecchieranno nella protagonista.

lunedì 11 maggio 2020

Adriana Rezzonico intervista Andrea Donaera








Cari amici lettori, oggi ho un appuntamento intrigante: mi attende Andrea Donaera  con la sua ultima fatica letteraria edita da NN Editore

Buongiorno, Andrea e grazie per aver accolto il mio invito.

- Chi era e chi è Andrea Donaera?

Salve a voi! Quando mi viene posta questa domanda mi piace scherzare partendo dal nome che mi è stato dato: se lo si anagramma viene fuori “Andrea o Andrea”. Ecco, un nome senza scampo: sono stato e potrò essere soltanto “Andrea”. Tralasciando però gli scherzi: sono semplicemente una persona che vive con la consapevolezza che l’identità è un concetto mobile, mobilissimo, viscoso.

- Quale parte di questa tua opera “Io sono la bestia”, ti ha lasciato un’emozione forte?

Se ci riferiamo alla storia, beh, l’emozione più forte è stata quando ho iniziato a scrivere il personaggio di Mimì: pensavo i suoi pensieri in dialetto, e simultaneamente traducevo, mettendo su pagina questi pensieri strani, scomposti, in un italiano tradotto frettolosamente dalla mia lingua-madre dialettale. Leggere per la prima volta cosa ne veniva fuori – e provare soddisfazione – è stata un’emozione forte: una delle poche volte nella mia vita in cui ho pensato “Dai, ‘sta cosa che stai facendo forse è buona”.

- La tua cover esorta ad alcune considerazioni: chi ne è l’artefice e quale percorso si cela dietro?

In copertina c’è un’opera della fotografa statunitense Jenny Woods. Io e la mia compagna l’abbiamo trovata praticamente per caso, vagando su Instagram. Mi è sembrata sin da subito un’immagine perfetta, perché intensa e ambigua, feroce ma tenera – un po’ come la storia che avevo provato a scrivere. Così l’ho proposta alla mia casa editrice. Dopo un po’ di prove (c’erano altre foto papabili) ci siamo tutti resi conto che quella non poteva non essere la cover del libro.

- Chi è Mimì?

Mimì è il nero che abita dentro di noi: quell’abitante perturbante che non vogliamo ammettere di nascondere sotto il letto. Sant’Agostino diceva che il Male non esiste: il Male in realtà è l’assenza di Bene. Ecco, quella assenza di Bene può verificarsi in ognuno di noi, credo. E Mimì è quell’ assenza, quell’inciampo.

- Cosa consiglieresti a chi vorrebbe scrivere?

Se qualcuno vuole scrivere deve farlo: col tempo mi sono reso conto che questa non è una banalità, poiché ho scoperto che molte persone vorrebbero scrivere, vorrebbero davvero, ne sentono la pulsione e in un certo modo la necessità, ma per una qualche strana forma di pudore/insicurezza non lo fanno. La scrittura è una pratica che ci appartiene (oso dire: oramai antropologicamente, in questo secolo di post, tweet e chat), perché il narrare (anche narrare solamente le proprie emozioni) è in prima istanza fondamentale per porre razionalmente ordine nella realtà che esperiamo. Quindi: buttarsi, tuffarsi tra i tasti e il Documento bianco  o tra l’inchiostro e il foglio vuoto.

- Ti ringrazio per avermi fatto entrare nel tuo mondo e consiglio al nostro pubblico di leggere “Io sono la bestia”, ne rimarranno affascinati.

Grazie a te!