Cari amici
lettori, oggi ho un appuntamento intrigante: mi attende Andrea Donaera con la sua
ultima fatica letteraria edita da NN
Editore
Buongiorno, Andrea e grazie per aver accolto il
mio invito.
- Chi era e chi è Andrea Donaera?
Salve a voi! Quando
mi viene posta questa domanda mi piace scherzare partendo dal nome che mi è
stato dato: se lo si anagramma viene fuori “Andrea o Andrea”. Ecco, un nome
senza scampo: sono stato e potrò essere soltanto “Andrea”. Tralasciando però
gli scherzi: sono semplicemente una persona che vive con la consapevolezza che
l’identità è un concetto mobile, mobilissimo, viscoso.
- Quale parte di questa tua opera “Io sono la
bestia”, ti ha lasciato un’emozione forte?
Se ci riferiamo
alla storia, beh, l’emozione più forte è stata quando ho iniziato a scrivere il
personaggio di Mimì: pensavo i suoi pensieri in dialetto, e simultaneamente
traducevo, mettendo su pagina questi pensieri strani, scomposti, in un italiano
tradotto frettolosamente dalla mia lingua-madre dialettale. Leggere per la
prima volta cosa ne veniva fuori – e provare soddisfazione – è stata
un’emozione forte: una delle poche volte nella mia vita in cui ho pensato “Dai, ‘sta cosa che stai facendo forse è buona”.
- La tua cover esorta ad alcune
considerazioni: chi ne è l’artefice e quale percorso si cela dietro?
In copertina c’è
un’opera della fotografa statunitense Jenny Woods. Io e la mia compagna
l’abbiamo trovata praticamente per caso, vagando su Instagram. Mi è sembrata
sin da subito un’immagine perfetta, perché intensa e ambigua, feroce ma tenera
– un po’ come la storia che avevo provato a scrivere. Così l’ho proposta alla
mia casa editrice. Dopo un po’ di prove (c’erano altre foto papabili) ci siamo
tutti resi conto che quella non poteva non essere la cover del libro.
- Chi è Mimì?
Mimì è il nero che
abita dentro di noi: quell’abitante perturbante che non vogliamo ammettere di
nascondere sotto il letto. Sant’Agostino diceva che il Male non esiste: il Male
in realtà è l’assenza di Bene. Ecco, quella assenza di Bene può verificarsi in
ognuno di noi, credo. E Mimì è quell’ assenza, quell’inciampo.
- Cosa consiglieresti a chi vorrebbe scrivere?
Se qualcuno vuole
scrivere deve farlo: col tempo mi sono reso conto che questa non è una
banalità, poiché ho scoperto che molte persone vorrebbero scrivere, vorrebbero
davvero, ne sentono la pulsione e in un certo modo la necessità, ma per una
qualche strana forma di pudore/insicurezza non lo fanno. La scrittura è una
pratica che ci appartiene (oso dire: oramai antropologicamente, in questo
secolo di post, tweet e chat), perché il narrare (anche narrare solamente le
proprie emozioni) è in prima istanza fondamentale per porre razionalmente
ordine nella realtà che esperiamo. Quindi: buttarsi, tuffarsi tra i tasti e il Documento
bianco o tra l’inchiostro e il foglio
vuoto.
- Ti ringrazio per avermi fatto entrare nel tuo
mondo e consiglio al nostro pubblico di leggere “Io sono la bestia”, ne
rimarranno affascinati.
Grazie a
te!
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