martedì 24 dicembre 2019

Il guaritore – Renzo Brollo - Editore Diastema - Recensione a cura di Adriana Rezzonico







Mi attende una trama delicata che trasforma i lamenti in melodia,  e sa danzare nella testa dei lettori. Una piccola strofa si trasforma – durante la lettura – in splendida canzone, lasciando tutti noi con il fiato sospeso.  Le parole fluttuano nelle nostre case.
...” E li fuori  non c’è più nulla, hanno seppellito la musica, data in pasto alle masse che distinguono solo suoni uguali, pochi anche quelli e quasi tutti simili. Sono riusciti a negarci la bellezza e l’alta qualità, ci hanno consegnato piattaforme sterili prive di armonia e ucciso le note. La tecnologia ha deturpato un paesaggio di rara bellezza” (cita l’autore).
Ora c’è lui, quell’esile figura, fiamma traballante che esige cura per poter vivere e accendere nuova vita in tutti noi. Così Carlo, il protagonista, da bambino inizia il suo piccolo volo, prima saltellando come un uccello caduto dal nido, poi – sotto la guida ferrea di un maestro – inizierà a volare e lo farà con classe, leggiadro, sfidando le correnti d’aria. Carlo stana la sua voce, impara ad attendere, a soppesare i silenzi, così anche io chiudo i miei occhi  e immagino la flebile voce diventare più soave, nitida come il canto degli uccelli. Nel buio le sonorità si amplificano e posso godere delle meraviglie che l’autore mi sta donando. Renzo Brollo ha imbrigliato la poesia nella penna e sceglie di sezionare il romanzo in “movimenti” per rendere il tutto quasi come una partitura musicale. Imprime ritmo a qualcosa che desidera esplodere in tutta la sua bellezza. La mia attenzione viene rapita dalla “Metamorfosi”, un passaggio struggente e da quanto possa essere pericolosa la ricerca della perfezione assoluta. L’autore pizzica le mie corde come quelle di un violino per regalarmi un finale magistrale.
Anche il silenzio ha un ruolo fondamentale per l’avvenire del  protagonista, perché, come cita l’autore “dove c’è silenzio c’è inizio”. Mi abbandono alla bellezza di queste pagine e affronto la trama reclamando nuove sensazioni e paesaggi bucolici. Saper stupire è una vera arte e l’autore si merita la vostra attenzione, entrate a piccoli passi e godetevi questa sinfonia di archi, in rigoroso silenzio.

Ballata senza nome - Massimo Bubola - Editore Frassinelli - Recensione a cura di Stefano Cassini





Maria Bergamas ha visto suo figlio partire per il fronte e mai più tornare. Come lei tante altre madri hanno avuto la stessa sorte in quello sciagurato conflitto mondiale ma lei sola dovrà scegliere, tra undici feretri, quello che sarà tumulato nell'Altare della Patria, il 28 ottobre 1921, come Milite Ignoto.
Tra realtà e fantasia, Massimo Bubola ci conduce attraverso le storie di questi uomini, raccontandoci le loro brevi vite. Troviamo il bracciante, il falegname, il maestro, il minatore, il fornaio, persino un seminarista.
Niente li avrebbe accomunati se non ci fosse stata la guerra, perciò attraverso le loro voci, ed esperienze, possiamo rivivere alcuni dei momenti che hanno caratterizzato le battaglie di cui sono stati sfortunati protagonisti: c'è chi è morto sul Montello, chi sul Monte Pasubio, sulla Marmolada, il Monte Grappa, il Monte Rombon e il Carso.
Undici vite spezzate che avranno come ultimo punto d'incontro la basilica di Aquileja da qui, una sola salma, partirà alla volta di Roma attraversando tutta la Nazione e fermandosi in diverse stazioni ferroviarie dove le saranno resi i giusti onori.
A mio parere un gran bel libro che andrebbe valorizzato sia per la sua parte storica, che per la delicatezza usata dallo scrittore, noto autore musicale che ha collaborato con De André e Mannoia, nel raccontare le storie dei protagonisti.                     

giovedì 5 dicembre 2019

Torna a casa lessico




È opinione diffusa, e condivisibile, che per imparare a scrivere sia fondamentale leggere tanto. Ne discende un’implicazione di un certo peso.
Quando pubblichiamo un testo, dobbiamo essere consapevoli del fatto che insieme al racconto di una storia, stiamo fornendo ai nostri lettori uno strumento importante. Ci troviamo, in maniera indiretta, a insegnare loro come scrivere.
Questo ruolo implicito nell’attività di uno scrittore ha delle conseguenze.
La scrittura deve essere accurata sotto ogni profilo.  La nostra trama deve essere verosimile e credibile, il contesto va inquadrato correttamente, servono ritmo e musicalità. Ma non dobbiamo mai dimenticare le regole di base della scrittura che valgono sempre.
Che si stia lavorando a “Guerra e Pace” o a un post sulle piattaforme internet, bisogna scrivere bene: grammatica, sintassi e lessico devono essere corretti.
L’uso di un lessico inappropriato che, ahimè, si trova anche in romanzi già pubblicati, è una nota davvero dolente.
Mi è capitato di incontrare, ad esempio, “fatalità” al posto di “fatalismo”  oppure “idrovora” invece di “idropompa”.  Capite che il significato è del  tutto diverso.  E potrei  citare molti altri casi. Curare questo aspetto è necessario, abbiamo una responsabilità verso chi ci legge.
Rivolgo quindi un accorato appello: “Tona a casa lessico!”.

Eleonora Zaffino