Il
cagliaritano Ciro Auriemma è autore, editor, insegnante di scrittura e fisico,
riguardo a questa ultima definizione ci segnala, con una nota, un dettaglio che ce lo fa
apprezzare ancora di più (fisico mancato!
Non mi sono laureato, con l’arrivo della seconda figlia dovevo scegliere tra le
ore di laboratorio di fisica e quelle tra i pannolini e le pappe… e ho scelto
queste, senza troppi rimpianti!). Con altri autori di successo come Massimo
Carlotto, Piergiorgio Pulixi, Renato Troffa, Andrea Melis, Michele Ledda e
Stefano Cosmo fonda il Collettivo Sabot per dar voce ai problemi della
Sardegna.
L'esordio con il Collettivo Sabot,
“Perdas de fogu”, cosa le ha lasciato?
Anzitutto un metodo. La scrittura di un giallo è sempre una
scrittura sociale; questo significa che, attraverso il racconto di una vicenda
criminale, la lente di osservazione dell’autore si sposta sempre dal delitto
alla società in cui questo è maturato, sulle contraddizioni che la
contraddistingue. Nel noir mediterraneo l’elemento socio-analitico e quello
antropologico sono ancora più spiccati. E poi l’idea che si possa condividere
una storia con qualcuno senza alcuna sottrazione, anzi, consci che sarà un
inevitabile arricchimento nel momento in cui tutti saranno disposti a fare un
passo indietro rispetto alle proprie idee per accogliere quelle degli altri. Ecco,
l’esperienza del collettivo mi ha insegnato a fare quel passo indietro e a
pormi in ascolto.
Nel suo ultimo libro, “Piove
deserto”, il personaggio principale, Pantaleo Mari, ritornando al suo paese
natìo è combattuto tra il rimpianto per averlo lasciato e la convinzione di
aver fatto la scelta giusta; ci sono affinità, anche caratteriali fra lei e il
suo protagonista?
Lavoro sempre per trapianti di emozioni ed esperienze. Leo è
un malinconico, figlio di un tempo che va troppo veloce e al quale non sa chiedere
di rallentare; non trova il passo, è goffo, sempre molto severo con se stesso.
C’è un tempo anche per fare le cose giuste – pensa a un certo punto del romanzo
– e io quel tempo non l’ho saputo mai. Condivido con Leo una certa malinconia,
una forma di nostalgia per le cose che non abbiamo vissuto. Il peso di non
poter vivere la quotidianità con i nostri figli – lui è separato, io divorziato
– che significa soprattutto il senso di colpa per non averlo potuto evitare.
Infine, l’amore sconfinato per il mare. Parlo di lui come se fossimo buoni
amici, e in un certo qual modo è proprio così.
Restando a “Piove deserto”, è solo
l’ultimo lavoro che lei produce con Renato Troffa (con cui ha scritto in
precedenza “Sette giorni di maestrale”); significa che predilige il lavoro di
squadra anziché operare da solista?
C’è una frase che amo particolarmente e che unisce me,
RenatoTroffa e Michele Ledda come fratelli: “A LA META LLEGAMOS CANTANDO
O NO LLEGA NINGUNO”. È tratta da una
poesia di Luis Sepulveda, musicata poi dai Modena City Ramblers, e mi ricorda
che ci sono dei “noi” che valgono molto più degli “io”. Quando, davanti a un
bicchiere di vino o a un caffè, ci siamo ritrovati a condividere l’idea di una
storia e quella è diventata terreno per una semina comune, è sempre stato
istintivo per tutti dire “questa ora la scriviamo”, con un plurale che nei
fatti aveva già superato le singole voci. Ci sono poi delle storie che ognuno
di noi ha maturato da solo; con una di queste, se tutto va bene, arriverò a metà del
prossimo anno in libreria, e i miei compagni sono entusiasti come se si
trattasse di un libro loro!
Andiamo più sul personale: preferisce
scrivere o insegnare?
Sono due facce della stessa medaglia. Scrivere richiede
esercizio, studio, confronto con altri autori e con editor. Questo bagaglio di
esperienza sui libri non si trova, ed è quel quid in più che puoi mettere in
condivisione con le tue e i tuoi studenti. Claudio Ceciarelli, l’editor della
E/O, è stato il mio primo editor, quello che mi ha portato all’esordio. Ho
imparato molto più da lui, riga per riga, parola per parola, che su alcuni
manuali che ho studiato. Però… se devo essere sincero, insegnare, soprattutto
alle ragazze e ai ragazzi delle medie e delle superiori, ha una magia che ti
entra dentro, e quando si avvicinano e ti fanno leggere le cose che hanno
scritto, mettendo in pratica i tuoi consigli, facendoli propri, ti senti in
pace col mondo.
Infine; ho letto che la casa editrice
SEM collaborerà con la sua scuola di scrittura Baskerville. Ci può descrivere
in cosa consiste?
Oltre che con SEM abbiamo chiuso una collaborazione con
NNEditore, e presto ne arriveranno altre. Sono editori che portano la loro
esperienza all’interno dei nostri corsi – Riccardo Cavallero di SEM, e Alberto
Ibba e Luca Pantarotto di NNEditore sono tra i nostri docenti – e che mettono a
disposizione materiale di lavoro (schede, anteprime sulle promozioni, ecc.) e
che, infine, accoglieranno qualche nostro corsista, dopo un adeguato colloquio
conoscitivo, per uno stage formativo in casa editrice. L’ambizione che ha
spinto Daniele Pinna (Agenzia Letteraria Kalama), Renato Troffa e me a fondare
la Scuola Baskerville è proprio questa: imparare facendo, imparare da chi fa.
Quindi al corso di narrazioni scriveremo, in quello di editing editeremo i
testi validi che vengono da narrazioni e qualcun altro proposto dai nostri
partner, e infine il corso di editoria valuterà se i testi prodotti durante
l’anno di studio e lavoro sono meritevoli di pubblicazione e, eventualmente, a
quale editore inviare il manoscritto.
Grazie per questa bella chiacchierata